ISSN 1973-9702

U3 iQuaderni #03

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2^parte (contributi)

3^parte (contributi)

4^parte (contributi visuali, apparati)

 

settembre-dicembre 2013

a cura di
ETICity

Nelle metropoli, nelle città medie, non meno che nei piccoli centri, interessanti esperienze sociali costruiscono e attivano spazi di dialogo, d’incontro e di conflitto con i diversi attori pubblici e privati presenti sul territorio, producendo nuove rappresentazioni di loro stesse, dei territori che abitano e dello sviluppo urbano che generano. Si tratta di movimenti, organizzazioni di cittadini e attivisti caratterizzati spesso da un forte ancoraggio territoriale, che disegnano rappresentazioni complesse, spesso conflittuali o alternative a quelle consolidate, necessarie a promuovere e sostenere il proprio percorso.
La ricchezza delle immagini plurali si contrappone all’egemonia di rappresentazioni urbane calate dall’alto, che appiattiscono la complessità dei territori per imporre raffigurazioni finalizzate a interessi particolari e che sottendono specifiche relazioni di potere. Queste s’impongono sempre più come un’alternativa importante da cui è difficile poter prescindere se si vuole provare a ri-leggere, comprendere, immaginare e governare le città.
A essere entrate in crisi sono proprio le storie vincenti, storie di successo che le città e i territori hanno fatto proprie per sostanziare e dare forma all’economia della conoscenza e del simbolico che ha progressivamente preso il posto dell’economia fordista. Quando queste storie non appaiono più convincenti occorre reinventare e ricominciare da nuove storie e nuovi narratori, affinando le capacità di ascolto (Beauregard, 2005).
Le diverse esperienze raccolte in questo numero hanno in comune la volontà di ripartire da ciò che è esistente e vitale, da ciò che si sottrae e si oppone alla sbornia neoliberista.Si tratta di resistenze, nuove forme di pluralismo e condivisione, evidenze empiriche fortemente ancorate alle realtà territoriali che re-inventano un possibile futuro, seppur in modo meno faraonico di quanto avvenuto negli anni ‘90. Indagare le auto-rappresentazioni significa quindi intercettare questo potenziale narrativo dei territori, alle volte sopito o non sufficientemente visibile.

Nel saggio “Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze”, Georges Didi-Huberman costruisce sulla delicata metafora della sparizione delle lucciole una potente riflessione sul ruolo delle rappresentazioni nel rendere possibile il cambiamento e dunque “il pensare” un futuro. A partire dalla politica e dalla poetica di Pasolini, il filosofo sposta il ragionamento sul presente e ci aiuta a riflettere sul senso del continuare a cercare. Secondo Huberman, Pasolini ha perso, sul finire della sua vita, il desiderio di “vedere”, ovvero la capacità di riconoscere le impalpabili scintille luminose sotto il fascio di luce accecante del potere costituito. Tale avvilita considerazione – perché è a Pasolini che si deve invece la capacità di avere colto nell’impertinente vitalità della classe popolare italiana l’unica forza davvero resistente al “nuovo fascismo” che si andava profilando – costituisce l’avvio di una riflessione sulla possibilità di un’alternativa, basata sulla capacità di vedere, sul rifiuto del pessimismo e sulla necessità di continuare a spostare il punto di osservazione. Si tratta allora di cercare approcci situati e temporanei, ma tenaci nella loro adattabilità e nella costanza della domanda che pongono, capaci di scrutare nel buio:

“Sarebbe criminale e stupido mettere le lucciole sotto un riflettore credendo di poterle osservare meglio. E non serve a nulla studiarle avendole prima uccise, trafitte con uno spillo e fissate su un tavolo da entomologo, o osservate come fossero cose antichissime prigioniere nell’ambra da milioni di anni. Per conoscere le lucciole, bisogna vederle nel presente della loro sopravvivenza: bisogna vederle danzare vive nel cuore della notte […]” (Didi-Huberman 2009, p. 31).

Abbiamo dunque voluto dedicare questo numero dei Quaderni a quelle ricerche che osservano e seguono le lucciole nel buio nella notte.
(…) ETICity


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