ISSN 1973-9702

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Foresta e Città. Breve storia della foresta e del suo rapporto con la città

di Giulia Pandolfi

PhD in Paesaggi della Città Contemporanea, Dipartimento di Architettura Roma Tre

Prima di tutto va precisata la differenza concettuale del termine foresta da vocaboli con accezioni simili. Il termine deriva dal latino ‘fòris’ o ‘oras’ fuori, su cui si formò anche: forasticus (esterno), forestàre (metter fuori), foresto (selvatico ma anche solitario). L’etimologia di ‘foresta’, quindi, si riferisce chiaramente a un luogo fuori dell’abitato, solitario e selvatico. Questa definizione è valida sia per noi che per i paesi d’impronta anglosassone, mentre può non esserlo in altre culture. È quindi di fondamentale importanza specificare il quadro di riferimento entro cui si colloca tale definizione e in questo lavoro si farà riferimento all’accezione inglese, poiché condivisibile storicamente con quella del nostro territorio. Tale vocabolo differisce dal significato del termine bosco, il quale deriva dal latino ‘búxus’ bosso, da cui anche il termine francese ‘bois’ legna, per cui si riferisce a luogo pieno di alberi, passando dal significato di un singolo esemplare di pianta alla definizione di uno spazio, come spesso avviene in latino. La parola bosco ha quindi significato di luogo pieno di alberi (legna) da bruciare – collezione di alberi, per cui si allontana dal significato di foresta sia per l’estensione delle dimensioni che per la sua utilizzazione, spesso determinata anche da limiti visivi o fisici. Inoltre si distingue da selva, che intende alberi ad alto fusto (o fustaie) dove gli alberi si lasciavano crescere fino alla maturità per uso costruttivo ed infine arboreto, luogo di produzione arborea artificiale. Pertanto la foresta si distingue storicamente dagli altri vocaboli principalmente per non essere sottoposta ad azioni dell’uomo, mantenendo così un carattere selvatico.

Facciamo un passo indietro e, se da un lato si definisce storicamente il giardino come un recinto meraviglioso entro cui si impara a barare con le leggi della natura, dall’altro, si deve cogliere allo stesso modo il ruolo che ha svolto nella storia culturale la foresta. Se da un lato il mondo naturale creato e controllato dall’uomo ha assunto nel tempo un ruolo contemplativo e docile, dall’altro subito fuori dall’abitato esiste una natura selvaggia, apparentemente scomposta e invadente. Il giardino viene quindi costruito in modo strutturato e a dimensione dell’uomo, come un microcosmo entro cui relazionarsi con la natura; fuori, invece, prevale lo smisurato e l’estraneo. Questa dualità di luoghi (paesaggi) avrà funzione nel tempo, non solo di luogo fisico, ma verrà utilizzata anche in pittura, poesia, scrittura, psicologia, musica, ecc. per indicare il contesto emotivo entro cui calare una determinata scena.

Con estrema semplificazione, possiamo quindi definire la foresta come un’antagonista storica del giardino e poi successivamente come luogo da distinguere dal parco, il quale nasceva come riserva di caccia esclusiva per gli aristocratici e, a mano a mano diventava un esteso terreno ornamentale con caratteristiche funzionali e ricreative per un uso cittadino. Se da un lato ci viene spontaneo definire il significato della foresta in opposizione ad elementi con chiara connotazione storica e culturale, dall’altro la foresta ha avuto nella storia molteplici significati simbolici, i quali si caratterizzano principalmente per il riferimento a un luogo oscuro e selvaggio, all’interno del quale gli esseri umani sono disorientati e minacciati.

Cerchiamo di comprendere i molteplici significati che questa luogo dell’ignoto ha determinato riprendendo la catalogazione effettuata da Konijnendijk (2008):

Foresta della paura – A lungo la foresta è stata associata alle paure primordiali dell’uomo; il buio, lo spazio selvaggio, la presenza al suo interno di animali e bestie di ogni sorta, hanno rappresentato, nelle varie epoche, un luogo caratterizzato dal suo essere incontrollabile. Nella foresta la psicoanalisi ha individuato l‘area legata alla sfera inconscia e luogo di archetipo, teatro ideale delle fasi indispensabili all’individuazione: smarrimento, vagabondaggio, ricerca, incontro, ritrovamento, ritorno a casa.



Come sostiene Jung (cit. Jung 1960, p.159-234): Un archetipo funziona come un modello nella mente inconscia, dando origine ad una diversità di immagini e espressioni simboliche che entrano nella coscienza attraverso sogni, miti, immagini religiose e fantasie spontanee.” Queste caratteristiche associate ad un archetipo sono chiaramente sempre presenti nell’immaginario e nell’inconscio umano, sebbene la paura si sfaccetti in diverse componenti. Nell’ambiente urbano, ad esempio, essa è principalmente costituita dalla possibilità di incontri accidentali, indesiderati e criminali. L’uomo è di fondo attratto da questa varietà di emozioni, le quali partono sì dallo sgomento iniziale, ma sfociano in altre: fascino, intrigo e eccitazione, le quali rendendo il luogo estremamente stimolante.

Foresta spirituale La foresta e gli alberi hanno avuto un ruolo simbolico importante nelle religioni, formando miti e aforismi alla base di molte culture. Il ruolo spirituale della foresta si riferisce all’esperienza di essere connessi o in contatto con qualcos’altro, che trascende il proprio senso del sé individuale e dà significato alla propria vita a un livello più profondo di quello intellettivo. A seconda di come questo altro sia visto, può essere riferito ad un essere soprannaturale (Dio), ad un’entità naturale (la Madre Terra – l’Albero della vita) o per alcuni si riferisce alla linfa, humus che dà vita a tutte le cose. Pertanto, non importa a quale credenza o affinità spirituale sia associata, l’esperienza dell’uomo in natura si esplica spesso in riflessioni sul senso della vita, attraverso la definizione di se stessi in relazione al mondo.

Foresta produttiva e del potere – Entrambe queste voci toccano il tema dal punto di vista utilitaristico rispetto all’uso che la città ha fatto della foresta. La società urbana si è da sempre interessata alle foreste limitrofe, come fondamentale risorsa di legname; strumento essenziale per la costruzione e il riscaldamento delle proprie strutture, ma allo stesso tempo, anche luogo fonte di grande ricchezza per l’approvvigionamento di cibo, foraggio, acqua e altri prodotti. Queste alterne possibilità definirono delle gerarchie di potere, per cui non tutti avevano diritto d’accesso e di rifornimento allo stesso modo, esse erano essenzialmente proprietà di re, aristocratici, nobili e ecclesiastici, i quali riservavano il diritto d’uso a loro stessi e a pochi altri.

Grande fuga e luogo d’arteCon lo sviluppo della società urbana e del conseguente espandersi delle città, si è andato sviluppando un rinnovato interesse per la natura, come alternativa alla condizione di congestione dell’ambiente urbano e come link nostalgico ai tempi che furono. Le foreste divengono dunque luogo di ‘fuga’, dove poter condurre una vita più tranquilla. Inizialmente era un’abitudine delle classi sociali alte, date le loro maggiori possibilità economiche e di tempo libero, in seguito, sono diventati luoghi di ristoro e svago per tutte le classi sociali urbane. Questa ri-appropriazione della natura e delle foreste ha avuto ripercussioni anche in letteratura, pittura, musica, sia come ambientazione in cui calare un soggetto, sia come spazio dove poter trovare l’ispirazione, prevalentemente nel Romanticismo.

Il lato selvaggio della città – Sebbene le foreste urbane, intese come espressione di un necessario bisogno di wilderness (Cit. Cronon 1996, p.7) da parte dell’abitante urbano, siano un concetto relativamente recente, hanno avuto una notevole propagazione in molti campi negli ultimi decenni, tra cui: psicoanalitico, storico, artistico, sociale, sanitario, economico, urbano e paesaggistico. Tutte queste discipline in un modo o nell’altro mostrano un interesse verso questa necessità di otherness (Cit. in Konijnendijk 2008, p. 82) sviluppatasi nella società urbana moderna.

Foresta per la salute – Per lungo tempo la foresta è stata conosciuta e riconosciuta come fonte di benessere e luogo di salute, ma l’età contemporanea deve misurarsi con sfide sanitarie differenti rispetto alle epoche precedenti, quali l’obesità e lo stress. Le foreste e i luoghi naturali in genere sono stati identificati come spazi atti a migliorare la psiche, la mente e il corpo. In egual modo, migliorano la qualità della vita di tutti i giorni, mettendo a disposizione aree adatte all’esercizio fisico e al relax, a lunghe passeggiate individuali o con animali domestici, alla possibilità di isolarsi per il riposo o anche solo per una pausa dal lavoro.

Foresta sociale – In un contesto dove globalizzazione, tecnologia, urbanizzazione e individualismo sono le principali connotazioni della società a cui fare riferimento e dove le identità individuali e collettive sono in crisi, è importante promuovere luoghi urbani e non, dove poter socializzare e rafforzare le comunità locali. Le foreste e le foreste urbane sono un esempio di come alcune comunità vivano e si sentano parte di questi luoghi, rafforzandone i legami identitari e stimolandone le proteste quando esse sono in pericolo di sopravvivenza.

 

Bibliografia

Konijnendijk C.C. 2008, The forest and the City – The cultural Landscape of Urban Woodland, Springer

Maslow A.H. 1974, Religions, Values, and Peak Experiences, Viking Press. New York

Jung C.G. 1960, On the nature of the psyche, In Read, H., et al.(eds.), The Collected Works of C.G.Jung (vol.8), Pantheon, New York

Harrison R.P. 1992, Forests: Shadows of Civilization, University of Chicago Press

Cronon W. 1996,The Trouble with Wilderness: Or, Getting back to the Wrong Nature, Forest History Societyand American Society for Environmental History,Vol.1, N.1,  p.7-28

Ulrich R.S. et al. 1991, Stress recovery during exposure to natural and urban environments, Journal of Environmental Psychology, Volume 11(3), pp. 201-230

 

Immagini

fig.1: Cappuccetto Rosso e il lupo di C. Larsson (1881)

fig.2: Skogskyrkogården, in italiano Cimitero del Bosco, di G. Asplud e S. Lewerentz (1920)