ISSN 1973-9702

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Le case del quartiere di Torino: nuove pratiche urbane per un welfare tailor-made

di Francesca Bragaglia

Laureata in Pianificazione Territoriale, Politecnico di Torino

La crisi finanziaria ha determinato un sostanziale restringimento del perimetro di azione delle forme tradizionali di welfare (Burgalassi, 2012), ma all’arretramento del soggetto pubblico nell’erogazione dei servizi si aggiunge un’ulteriore conseguenza della crisi: il progressivo aumento della domanda di servizi sociali. Negli ultimi anni, questi due fenomeni paradossalmente antitetici hanno messo profondamente in crisi le pubbliche amministrazioni delle città italiane, incapaci di rispondere adeguatamente alle nuove istanze di cittadini e territori.

A Torino l’esperienza delle Case del Quartiere, che prende avvio agli inizi del duemila e che si consolida progressivamente nel corso degli ultimi anni con la creazione di una rete fra le diverse Case, rappresenta una possibile risposta alla crisi dei sistemi di welfare tradizionale, attraverso un approccio locale, orizzontale e tailor-made. Le Case del Quartiere nascono infatti infatti in ex spazi dismessi, in gran parte di proprietà comunale, riqualificati per usi sociali grazie all’impegno congiunto di attori pubblici, privati, del terzo settore e cittadini (Chiodi, 2014). Un impegno economico congiunto – ma anche di risorse umane e sociali – che vede nella cooperazione orizzontale tra i diversi soggetti il suo principale punto di forza. Ormai presenti in gran parte delle circoscrizioni cittadine, le Case del Quartiere offrono spazi, supporto, assistenza a singoli cittadini, associazioni locali e gruppi informali di cittadini che desiderano portare avanti delle iniziative rivolte al contesto sociale e territoriale in cui queste realtà si collocano. Luoghi in cui persone e gruppi sociali, anche molto eterogenei tra loro, si incontrano e in cui viene promosso un welfare di comunità, fortemente area-based.

Bragaglia Foto3Cacina Roccafranca durante il Convegno “Abitare una casa per abitare un quartiere”, Fonte: Rete delle Case del Quartiere

 

Cascina Roccafranca situata all’interno del vecchio quartiere operaio di Mirafiori Nord, un tempo simbolo della one-company town (Bagnasco, 1986), è stata la prima Casa del Quartiere ad essere inaugurata, nel 2007, grazie ai fondi del Programma di rigenerazione urbana Urban 2, che ha interessato l’area di Mirafiori nord tra il 2000 e il 2006. Un progetto, quello di Cascina Roccafranca, che ha coinvolto in un percorso di progettazione partecipata cittadini e associazioni del territorio, e che oggi registra circa 3500 passaggi settimanali di persone che frequentano gli spazi e usufruiscono dei servizi e delle attività della struttura. Successivamente a Cascina Roccafranca, si sono sviluppate altre esperienze che hanno portato alla realizzazione di altre 7 case, che dal maggio 2012 fanno parte della Rete delle Case del Quartiere. La Rete delle Case del Quartiere è una struttura organizzativa molto recente, che si è dotata di un manifesto di intenti e di macro-obiettivi comuni. Lo scopo della rete non è tuttavia quello di standardizzare il modello “Casa del Quartiere” (Roman, 2014): le Case sono infatti profondamente eterogenee fra loro, nel modo e nelle forme in cui sono gestite, nel tipo di servizi e attività che offrono. La diversità delle Case è determinata dal fatto che ognuna di esse risponde alle richieste specifiche del territorio in cui si colloca e questo fa di tali pratiche urbane un modello difficilmente esportabile tout court[i].

Il legame tra il territorio e le Case di Quartiere è inteso infatti come qualcosa che trascende i puri aspetti fisici della spazialità: è attivatore di nuove capacità, valori, contenuti, per rispondere a dei bisogni sempre più articolati e complessi. Ogni Casa si struttura dunque sulla base delle esigenze dello specifico milieu e ne intercetta la pluralità e la complessità.

Bragaglia.foto2La mappa delle Case del Quartiere attualmente presenti a Torino, Fonte: elaborazione propria

 

All’interno della Casa del Quartiere di San Salvario[ii], quartiere multietnico e di recente votato alla “movida” a ridosso della Stazione ferroviaria di Porta Nuova, attualmente sono circa 70 le associazioni stabili che propongono diversi tipi di attività e servizi tra cui: una caffetteria, una banca del tempo, una ciclofficina, un piccolo orto urbano, un ufficio di co-working, sportelli informativi e spazi di ascolto, laboratori artistici, corsi di danza, di musica e canto, corsi di lingua per stranieri e di informatica; a questo si aggiungono enti e gruppi associativi che organizzano saltuariamente attività all’interno della CdQ di San Salvario. Inoltre, numerose sono le sale in cui chiunque, facendone richiesta, può organizzare incontri, feste, riunioni. Come recita il quarto punto del Manifesto di Intenti di cui si sono dotate le Case di Quartiere alla definizione della Rete[iii] nel 2012 “spazi di tutti, ma sede esclusiva di nessuno”; perché la volontà di queste realtà ormai consolidate in ambito torinese è quella di intrecciare spazi, persone, microstorie del vivere quotidiano (Jedlowsky, 2005), per realizzare un vero e proprio capitale di comunità (Falcomatà, 2013).

Bragaglia.foto4Il cortile della Casa del Quartiere di San Salvario, Fonte: Agenzia per lo sviluppo locale di San Salvario Onlus

 

È indubbio che le Case del Quartiere abbiano costituito in questi anni un valido supporto alla rigenerazione urbana di alcuni dei quartieri più problematici di Torino, per la capacità di offrire servizi e un supporto al territorio e ai suoi abitanti fatto “su misura”.

Le Case del Quartiere di Torino si propongono quindi come nuovi soggetti erogatori di servizi di welfare e, pur essendo così diverse tra loro, presentano tuttavia alcune caratteristiche comuni, che le contraddistinguono in maniera sostanziale dai tradizionali attori del welfare. Il primo aspetto che vale la pena sottolineare è il fatto che queste realtà sono, come detto, in gran parte portate avanti da associazioni, cooperative e singoli cittadini, realtà che quindi innescano delle forme di self-empowerment (Bruscaglioni, 1991), ossia un tipo di coinvolgimento attivo delle diverse realtà sociali che si basa fondamentalmente sull’autorganizzazione e, in buona parte, anche sull’autofinanziamento delle attività.

Il successo di questi spazi dimostra inoltre un secondo aspetto fondamentale, ossia che è possibile, e anzi auspicabile, superare il dualismo pubblico/privato – considerati per lungo tempo agli antipodi – per costruire al contrario forme ibride di collaborazione e reciproco supporto nei processi di rigenerazione e di gestione delle politiche di welfare. Tale questione risulta essere particolarmente interessante in una prospettiva di necessità di azione in un periodo di crisi, poiché può costituire un valido contributo alla realizzazione di progettualità, pur in mancanza di grosse risorse pubbliche (Fregolent, Savino, 2014).

Le partnership tra attori pubblici e privati concorrono a porre l’accento su un’idea di comunità e di definizione di reti di attori socioeconomici in grado infatti di innescare il cambiamento (Mayer, 2007), così come dimostra la positiva esperienza delle Case del Quartiere a Torino.

 

Bibliografia

Bagnasco A. 1986, Torino. Un Profilo Sociologico, Giulio Einaudi Editore, Torino

Bruscaglioni M., Spaltro E. (a cura di) 1991, La psicologia organizzativa, Franco Angeli, Milano

Burgalassi M. 2012, “Ascesa e Declino del Welfare Locale in Italia”, Rassegna di Servizio Sociale, EISS, Roma, pp.16-31

Chiodi S. 2014, “Una definizione critica del concetto di «spazio pubblico» dalle voci degli interlocutori”, in Mela A. (a cura di), La Città con-divisa. Lo spazio pubblico a Torino, Franco Angeli, Milano

Falcomatà S. A. 2013, “Rigenerazione urbana e sviluppo economico” in Rossi F., Sbetti F., Talia M., Trillo C. (a cura di) Il Governo della città nella contemporaneità. La città come motore di sviluppo, Urbanistica Online Dossier, INU Edizioni, Roma

Fregolent L., Savino M. (a cura di) 2014, Città e politiche in tempo di crisi, Franco Angeli, Milano

Jedlowski P. 2005, Un giorno dopo l’altro. La vita quotidiana fra esperienza e routine, Il Mulino, Bologna

Mayer M. 2007, “I movimenti urbani nell’era neoliberista”, in Vitale T. (a cura di), In nome di chi? Partecipazione e rappresentanza delle mobilitazioni locali, Franco angeli, Milano, pp. 41-70

Roman E. 2014, “Neighbourhood Houses – Torino (Italia)”, Relazione della Ricerca EU-MIA, FIERI, Torino

 

Sitografia

Rete Case del Quartiere, consultato a maggio 2017, http://www.retecasedelquartiere.org/

Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario, consultato a maggio 2017, https://sansalvario.org/

Cascina Roccafranca, consultato a maggio 2017, http://www.cascinaroccafranca.it/

 

Note

[i] Pur con tale consapevolezza, nel maggio 2016 si è svolto a Torino il primo Convegno Abitare una casa per abitare un quartiere, per condividere idee e buone pratiche; vi hanno partecipato oltre 40 realtà sociali italiane e straniere.

[ii] L’input alla creazione della CdQ di San Salvario, inaugurata nel 2010, è partito essenzialmente da degli attori locali che hanno successivamente costituto l’Agenzia per lo sviluppo locale di San Salvario.

[iii] La Rete di coordinamento tra le Case del Quartiere è stata fortemente voluta dal Comune di Torino e da Compagnia di San Paolo, che supportano economicamente il progetto.