ISSN 1973-9702

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Città e società nel post-sisma: Talca e le Escuelas Concentradas

di Giulia De Cunto

studentessa del Master U-Rise, Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale, presso l’Università Iuav di Venezia

La Routa 5 attraversa il Cile per quasi tutta la sua lunghezza; da un lato le Ande accompagnano costantemente il viaggio, dall’altro la Cordillera de la Costasi trasforma a volte in colline dolci, a volte in pianure che lasciano arrivare lo sguardo fino all’oceano.

Percorrevo la Routa 5 diretta verso Talca, nel cuore del cratere del sisma che, seguito poi da uno tzunami, nel 2010 ha sconvolto gran parte del Paese. Si tratta di una città di medie dimensioni, riferimento per la regione del Maule di cui è capoluogo ma, tutto sommato, un centro minore. Durante i primi decenni del’900, a seguito di un grande sviluppo industriale, Talca era diventata un centro commerciale e culturale molto attivo, tappa di passaggio per molti europei, dal sapore quindi spiccatamente internazionale. Quel centro oggi è in gran parte distrutto, il sisma ha raso al suolo il 60% del nucleo storico ma, quando il terremoto è arrivato,  la trasformazione di Talca era già iniziata da una trentina d’anni. Una cintura di quartieri satellite si era poco a poco venuta a definire attorno al centro: si trattava di una serie di interventi nati per dare risposte veloci alla crescente domanda abitativa, guidati dall’iniziativa privata più che dalla pianificazione pubblica. Sostanzialmente espansioni costituite da edifici a destinazione quasi esclusivamente residenziale, diretti ad abitantiappartenenti a specifiche fasce di reddito, intervallati da ingombranti costruzioni commerciali, megaparcheggi,  grandi arterie stradali. La città prima del sisma era quindi formata dal sistema urbano del centro storico, caratterizzato da una certa eterogeneità di manufatti, abitanti e attività, e dal sistema della città nuova, composta di insediamenti monofunzionali, con carenza di spazi pubblici.

Se nella mia prima passeggiata a Talca non avessi avuto in mano una mappa che indicava gli isolati in cui gironzolavo in marroncino chiaro, non sarei riuscita a capire che stavo attraversando il centro storico.

Edifici alti e vetrati, piccole costruzioni ad un solo piano, vuoti, edifici semidistrutti, ruderi si affacciano disordinatamente sulla maglia regolare dei lotti. La discontinuità del costruito corrisponde ad una discontinuità nei flussi e nelle attività delle persone che vivono questa parte di città. Quasi si riesce a visualizzare la spinta della volontà di ripresa costantemente in lotta con il peso ancora grande della catastrofe. Questa sensazione si trasforma improvvisamente entrando in piazza Cienfuegos: un piccolo ma vivace mercatino, gruppi di ragazzi che parlano, fumano, alcuni si cimentano a saltare con una molla. Improvvisamente un inatteso senso di normalità caratterizza  questo spazio, eppure l’imponente edificio sul fondale della piazza mostra  evidenti i segni della distruzione del sisma.

Dal 1928 le scuole pubbliche femminili e maschili Escuela Superior de Niñas Presidente José Manuel Balmaceda y Fernández e Escuela Superior de Hombres Carlos Salinas, erano conosciute con il nome di scuole Concentrate, perché qui, storicamente, si concentravano parti diverse della società[1]. Mentre il sistema educativo in Cile tendeva sempre più alla privatizzazione, leEscuelas Concentradasoffrivano un buon livello di istruzione pubblica e soprattutto un’opportunità di integrazione che rispecchiava le qualità del luogo nel quale si trovavano. Quando, dopo il sisma, genitori ed insegnanti si resero conto che la ricostruzione di questi edifici non sarebbe partita a breve, iniziarono ad organizzarsi, ad incontrare i politici locali, a cercare l’appoggio delle ONG a raccogliere firme perché non venissero demoliti. Nel frattempo l’Amministrazione Comunale era di tutt’altra opinione e pianificava di spostare le scuole per creare in quel lotto un polo infrastrutturale. Dopo tre anni complessi, di mobilitazioni che riuscirono a coinvolgere anche i non direttamente interessati, i cittadini sono riusciti a far riconoscere le Escuelas Concentradascome monumento nazionale, ottenendo così che la ricostruzione debba avvenire in maniera coerente con l’esistente e soprattutto che la scuola non potrà né essere delocalizzata né cambiare destinazione d’uso. Oggi esistono un progetto di ricostruzione e dei fondi stanziati per le scuole e, anche se i lavori non sono ancora iniziati, questo luogo continua ad essere un centro nevralgico per la città. Se da una parte il sisma ha privato Talca di molti degli spazi della vita pubblica, dall’altra si può riscontrare che quest’ultima è riuscita, almeno per un po’, a sopravvivere nelle battaglie degli abitanti in difesa di alcuni spazi.

La ricostruzione a Talca è stata, principalmente l’occasione per costruire nuovi quartieri satellite di un centro quasi del tutto abbandonato, sul modello della città nuova che già esisteva prima del sisma. Una parte della popolazione del centro storico ha quindi trovato posto in una città che offre molte meno opportunità rispetto a quelle che gli stessi abitanti avevano in passato. Oltre a tutte le problematiche che lo spostamento dei residenti comporta, c’è un aspetto particolarmente pericoloso nel sostituire un modello abitativo che ha una rete di relazioni e attività diversificate, intrecciate con la vita del luogo, con uno che si preoccupa esclusivamente di fornire una casa: nei luoghi in cui esiste una complessità spaziale, una società organizzata e consapevole, esiste la possibilità per gli abitanti di reagire collettivamente alla distruzione del sisma. Il caso delle Escuelas Concentradas ne è un esempio. I cittadini del centro storico sono stati in grado di auto-organizzarsi promuovendo una battaglia affatto banale, mirata al mantenimento di un valore preziosissimo, che è quello dell’opportunità di integrazione sociale rappresentata dalle scuole, dimostrando così una grande coscienza. Sarà possibile lo sviluppo sello stesso meccanismo nella nuova configurazione di Talca?

 

Note

[1]Da un intervista dell’autrice a Patricio Uribe, Incaricato della Ricostruzione SERVIU Maule dal 2014

 

Bibliografia

Fenoglio M. 2006, La comunità nei disastri: una prospettiva psicosociale, Rivista di Psicologia dell’Emergenza e dell’Assistenza Umanitaria, numero 0, pp.6-23.

Gac D. & Micheletti S. 2013, El riesgo y el derecho de (re)construcción social de la ciudad. Los Sin Tierra en Talca. UCMaule Revista Académica N°44, Luglio 2013, pp. 9-24.

Letelier F. & Boyco P. 2011, Talca posterremoto: una ciudad en disputa. Modelo de reconstrucción, mercado inmobiliario y ciudadanía, Ediciones SUR, Santiago de Chile.

Mela A., Mugnano S. & Olori D. 2017, Territori vulnerabili. Verso una nuova sociologia dei disastri italiana, Franco Angeli s.r.l .

 

Immagini

copertina: Piazza Cienfuegose le Escuelas Concentradas, fotografia dell’autrice, ottobre 2017

fig.1: Piazza Cienfuegose le Escuelas Concentradas, fotografia dell’autrice, ottobre 2017