di Rosa Romano
Architetto, iscritta al Master Arti Architettura e Città
San Giovanni a Teduccio è un quartiere della periferia orientale di Napoli e insieme alle circoscrizioni di Ponticelli e Barra costituisce la Sesta Municipalità della città.
Comune autonomo fino al 1926, San Giovanni conserva la sua anima indipendente. I suoi abitanti, i cosiddetti “sangiovannari”, si sentono abitanti di San Giovanni prima ancora che cittadini di Napoli: esemplare in tal senso l’espressione “Andiamo a Napoli” che essi usano nell’andare verso il Centro Città.
Anna Maria Ortese nel suo celebre e discusso libro “Il mare non bagna Napoli” nell’ introdurre l’area est di Napoli scrive:
“Una delle cose da vedere a Napoli, dopo le visite regolamentari agli Scavi, alla Zolfatara, e, ove ne rimanga tempo, al Cratere, è il III e IV Granili, nella zona costiera che lega il Porto ai primi sobborghi vesuviani. E’ un edifico della lunghezza di trecento metri , largo da quindici a venti, alto molto di più.”
Il celebre edificio di cui parla l’Ortese non c’è più, al suo posto interi quartieri.
L’area orientale ha rappresentato per molti anni l’avamposto industriale della città. La colonizzazione industriale ha scomposto la struttura di “paese” che caratterizzava il territorio facendo posto ai cantieri navali, all’industria metallurgica, alle concerie, alle enormi fabbriche che sommandosi ai binari della prima linea ferroviaria italiana, la famosa Napoli-Portici inaugurata nel 1839, hanno reso sempre più difficile l’accesso al mare.
Scompaiono inoltre i numerosi accessi alle stazioni balneari, i cosiddetti “bagni”, che dal Corso San Giovanni, arteria stradale che da via Ponte dei Granili giunge fino a Portici, conducevano alla marina.
Ogni legame col mare risulta negato, si dilata sempre di più la distanza tra l’entroterra e la linea di costa, si perde la regola della corte/giardino che digrada verso il litorale.
Nel percorrere il Corso, il contraddittorio passato del quartiere appare con violenta evidenza: sagome di edifici industriali dismessi convivono con fascinosi palazzi fatiscenti, casermoni di edilizia popolare sovrastano antichi fabbricati, ma nello smarrirne la retta via del Corso si ritrova il cuore pulsante dei sangiovannari: il mare. Allora la città si ricompone e in quell’immenso vuoto, si apre a nuove e inedite prospettive.