“Roma altrimenti”: la scuola e l’istituzione della parola che rinascono attraverso la ricerca
Dottoranda in “Paesaggi della città contemporanea: politiche, tecniche e studi visuali”, Dipartimento di Architettura, Roma Tre e redattrice di U3
Esce ad ottobre il primo NU3[1], dedicato al lavoro che gli studenti del Liceo Virgilio hanno svolto, educati dai ricercatori del Dipartimento di Architettura, Roma Tre. A dicembre 2017 erano per me i primi mesi di Dottorato[2]e collaborazione con la redazione di U3 – UrbanisticaTre. Una condizione acerba, fortunata e faticosa: tutto potenzialmente interessante, con il rischio di perdersi. Il progetto I racconti di Roma Capitale concedeva uno speciale allineamento tra ricerca/istituzione/uso dell’intelletto (inteso come formazione). Mi sembrò un’occasione utile per un’autocoscienza sull’agire della ricercatrice e oggi, al termine del progetto, condivido qualche pensiero su ciò che chiamerei esperienza della mente che ricerca.
Ricercare. Per qualche mese siamo andati in giro per Roma con dei ragazzi appena diciassettenni. Seduti attorno ai grandi tavoli degli architetti, abbiamo letto, disegnato mappe e ci siamo orientati tra le immagini urbane di una giovane Capitale per scoprirci perduti tra le coordinate prismatiche dell’immaginario della città. Che cosa fa un ricercatore universitario? I neurobiologi hanno studiato una serie di animali dimostrando che molte specie, anche gli scimpanzé, quando cercano prede o tane, non provano gratificazione solo al momento del ritrovamento. L’area posteriore del cranio si attiva e prova piacere appena l’animale inizia a cercare. In effetti, tutto il percorso di ricerca è fonte di grandissimo godimento, anche quando non si trova niente. Il ricercatore si nutre in ogni istante del suo vagabondare, sebbene si ponga moltissimi problemi al fine di trovare qualcosa.
I problemi. Nonostante Costanza, Francesca ed Ekbel indossassero per la maggior parte del tempo grandi cuffie piene di musica, abbiamo spartito la gioia di leggere una problematicità ancora non detta nelle cose della città. Talvolta è questione di rimettere in ordine i pezzi dei discorsi; molto spesso si tratta di inventare una prospettiva invisibile. Un ricercatore impara che per risolvere i problemi bisogna dargli forma. Serve una fiducia cieca nell’esistenza di un mondo d’idee da cogliere: disegnare un problema attraverso le parole è un’attività complessa che non può essere relegata e delle reazioni automatiche del cervello ma implica un coinvolgimento completo dei sensi. È per mettersi in contatto con i sensi e con queste idee che servono gli esperimenti. Si spezza il flusso dei dati di fatto, facendone una questione di esperienza, di stato di coscienza.
L’intelletto. Oggi tuttavia è di moda una sorta di “monismo” che si nutre dei raffinati progressi delle neuroscienze tendendo a far coincidere la mente con l’intero cervello. Combatte il dualismo tra mente e corpo invitando a trascurare due aspetti sempre meno in voga: l’aggiornamento dell’esperienza del corpo attraverso le facoltà dell’intelletto; la fiducia che il linguaggio apra al corpo un’esperienza più estesa delle sole facoltà biologiche del cervello. In tempi di dibattito sulle protesi tecnologiche, ha delle importanti conseguenze avere ancora fiducia che il lavoro del ricercatore sia un lavoro della mente e non un’attività di mera registrazione degli aspetti critici della realtà. La più importante conseguenza è il riconoscimento del primato della parola come istituzione. Il linguaggio non è solo un mezzo ma istituzione vera e propria; va oltre le facoltà della specie e appartiene alle facoltà della civiltà, impiegate per appropriarsi del reale[3]. Il fatto che il frutto di questo lavoro degli studenti con i ricercatori sia un testo scritto rinnova la meraviglia per l’importanza del dialogo, alla base della città democratica nata in seno al mar Mediterraneo.
Il dialogo. La forma del dialogo è scelta dalla redazione di U3 per presentare il volume NU3 il 31 ottobre 2018, nella sede di via Madonna dei Monti. In occasione del dibattito, Giovanni Caudo[4]discute con Valentina Polci, ospite speciale, autrice del lavoro di trascrizione e commento dei testi di Dolores Prato (edito da Quodlibet, 2016). “Sono nata sotto un tavolino”: il trauma dell’allontanamento dai luoghi attiva la coscienza dell’importanza degli oggetti. Un mondo è fatto di cose prima che di persone e, nella profondità di una donna del secolo scorso “innamorata delle parole”, l’atto di nominare le cose ricompone i confini del mondo che ci accoglie, fonda il mondo degli affetti e diventa condizione prima dell’essere con. Lo stesso atto di coscienza che abbiamo costruito l’anno scorso, tra liceali, dottorandi e professori, durante questo inventario della romanità recente, nel quale si incastrano all’infinito citazioni e frammenti della romanità eterna.
La scrittura. Mentre ci emozioniamo davanti agli esiti del lavoro concluso, mi viene in mente (e parafraso) un’altra scrittrice del XX secolo, Natalia Ginzburg, che ci restituisce pagine intime sul dimorare urbano: da sempre abito il mondo solo attraverso la scrittura. Anche per i ricercatori la scrittura, oltre che forma del pensiero, è un modo di abitare il mondo attraverso l’istituzione del linguaggio. Per questo la responsabilità è grande: non solo quella di scienziati accademici ma soprattutto quella di intellettuali custodi delle parole, del loro uso e della loro risonanza. Attraverso il pensiero critico proteggiamo il linguaggio, difendendolo dalla polvere della muta strumentalizzazione, dell’opportunismo. Come si fa? Possiamo concepire nuovi problemi soltanto immaginando il futuro, accedendo al senso (denso) del dopo. Perché esista una critica deve esistere un pro-getto e quindi un pro-blema, con l’etimo comune di ciò che ci si pone dinnanzi.
Il futuro. Il dopo fa resistenza. Nel 2018 il futuro di chi abita la terra è un posto disabitato (nelle menti e nei luoghi). Perciò siamo fortunati ad essere qui questa mattina di ottobre e ad aver compreso che le intenzioni progettuali che si stratificano in una città Capitale sono una fonte inesauribile di problemi. “Perché abbiamo sempre la sensazione che Roma sia una città da aggiustare?” chiede Giovanni Caudo (da giugno Presidente del III Municipio). Possiamo affermare che una fonte inesauribile di problemi sia una fonte inesauribile di futuro? Mi domando. È forse per questo che Roma è eterna? Si dice “la città degli angeli” e, risulta un po’ azzardato, ma per un attimo immagino le buche, le grandi processioni in macchina, lo sgomento per le cose rotte, come fossero tutti segni di questi messaggeri che dirompono ad annunciare una nuova opportunità per progettare la propria umanità. Tutti annunci da cogliere come la sfida delle cose che abbiamo attorno e dei loro nomi. Abbiamo tentato questo esperimento di far parlare dei giovani studenti attraverso le cose a cui sono affezionati e la poesia che ha scritto e legge Vassilis Barka (p. 45 di NU3 n.1, si intitola Mezza Roma) dimostra che questo esperimento si chiama ancora passione civile. Quali sono a Roma le cose che fanno della città Capitale e del suo corpo amministrativo un’istituzione? La passione civile viene accolta generosamente dal fare ricerca urbana e questa alleanza tra i diversi livelli dell’istruzione è un luogo importantissimo da frequentare.
Memorie. Salutiamo Valentina Polci che esorta all’entusiasmo per le cose preziose, per le intuizioni, rispondendo a chi chiede notizie sulle ragioni di quella scelta: perché proprio Dolores Prato? La caparbietà biografica della giornalista marchigiana ricorda il lavoro di Marguerite Yourcenar, che si perse quasi fino alla follia per conoscere l’imperatore Adriano e fare delle sue memorie le proprie. La determinazione si mischia con l’affetto e la gratitudine e il cortocircuito del rapporto tra generazioni getta risonanza sui presenti. Roma arranca lenta davanti agli occhi: colonizzata, insidiosa, liana che si avvolge imprevedibile, amata, sparita. Ologramma opaco, suggerisce i nodi di una rete di cose che, se lette con la vocazione della narrazione civile, possono dirci la forma del mondo che resterà in piedi quando tutto il mondo conosciuto, forse, crollerà un’altra volta? Lontano è l’eco del manierismo descrittivo che guarda all’informale che fa la città. La città di pietra viene ripresa in mano come un libro da leggere che contiene, nelle forme delle proprie età compresenti, molti destini ancora incompiuti. L’esperienza della mente che ricerca si colloca all’intersezione di questi desideri incrociati. Restituendo corpo istituzionale alla parola, traduce queste narrazioni in statuti spazio-temporali del reale che hanno cento e una dimensioni. La memoria della città non è ciò che coincide esattamente con la nostra identità ma ciò che di sconvolgente rivela lo scarto tra quello che siamo e quello che potremmo essere.
Note
[1]Il volume open access, a cura di Nicola Vazzoler, raccoglie ed edita i report (resoconti critici sull’esperienza di Alternanza Scuola-Lavoro) scritti da 38 studenti delle terze e le quarte classi del Liceo Virgilio di Roma. http://www.urbanisticatre.uniroma3.it/dipsu/?page_id=6182
[2]I dottorandi del XXXIII ciclo in “Paesaggi della città contemporanea” e in “Architettura: innovazione e patrimonio” sono stati coinvolti nel ruolo di tutor per il progetto di AS-L indirizzando i temi di ricerca approfonditi dagli studenti del Virgilio.
[3]Nel 2013 l’Istituto svizzero di cultura di Roma (ISR) ha organizzato un ciclo di conferenze dedicato al linguista Ferdinand de Saussure; da cui il volume a cura di Francesco Raparelli, 2015, Istituzione e differenza, Mimesis Edizioni).
[4]Professore presso Dipartimento di Architettura, Roma Tre, Giovanni Caudo è autore di Roma altrimenti: Le ragioni nuove dell’essere Capitalee ha reso pubblico ed incoraggiato questo tema di ricerca dopo l’uscita del volume nel 2017.
Immagini
Copertina: I racconti di Roma Capitale, prima uscita di NU3. (credits: Sara Caramaschi).
fig.1: C. Albarello (L. Virgilio), F. R. Stabile (Dip. Architettura), G. Piccinato e N. Vazzoler (U3). (credits: Sara Caramaschi)
fig.2: Presentazione de I racconti di Roma Capitale, 31/10/2018, Dip. Architettura, Roma Tre. (credits: Sara Caramaschi)
fig.3: Dialogo su Dolores Prato tra G. Caudo e V. Polci, 31/10/2018, Dip. Architettura, Roma Tre. (credits: Sara Caramaschi)
fig.4: Vassilis Barkas e Costanza Fusco, studenti del Liceo Virgilio al Dip. Architettura, Roma Tre. (credits: Sara Caramaschi)
fig.5: Nicola Vazzoler presenta il volume I racconti di Roma Capitale e l’esperienza di AS-L. (credits: Sara Caramaschi)
fig.6: Professor C. Albarello, coordinatore del progetto di AS-L per il Liceo Virgilio. (credits: Sara Caramaschi)