ISSN 1973-9702

copertina garau

Per una rinascita dell’ urbanistica nel post-Covid: creare amore per la città come magia, miracolo, meraviglia e speranza

di Pietro Garau

Urbanista

 

Crisi dell’urbanistica e della sua percezione collettiva

Si parla di “crisi dell’urbanistica” dal giorno in cui è nata questa disciplina.

Ma è forse più opportuno parlare di “crisi d’identità”. Che cos’è l’urbanistica oggi, non nelle opinioni degli esperti, bensì di coloro che dell’urbanistica dovrebbero essere i diretti beneficiari, e cioè i cittadini attuali e futuri?

Probabilmente, qualunque indagine seria su come l’urbanistica sia percepita  darebbe oggi risultati desolanti.

Ma dire “urbanistica” e dire “città” non è, ovviamente, la stessa cosa. E sarebbe ugualmente errato definire la città come il “prodotto” dell’urbanistica, visto che i più desiderabili ambiti urbani rimangono, assieme alle nuove comunità recintate, i centri storici, prodotti in massima parte secondo criteri che con la “moderna urbanistica” e le sue mutazioni neoliberiste non avevano nulla a che spartire. La differenza percettiva tra questi due termini, “città” e “urbanistica”, è che mentre l’urbanistica rimane un argomento esoterico ed ignoto ai più, la città è qualcosa che tutti riconoscono come luogo elettivo della vita collettiva – un luogo assai concreto, fatto di materiali, percorsi, vedute, edifici, strade, piazze, marciapiedi, giardini, e così via.

 

Purquoi parlent-ils si mal de moi?[1]

Naturalmente le percezioni della qualità della vita urbana sono, oggi più che mai, legate al fatto che  nella cultura dominante del Pensiero Unico la  città è merce, e cioè una offerta di spazi e servizi  la cui qualità e disponibilità è esclusivamente funzione del suo prezzo.

Nonostante ciò, la città rimane la più straordinaria creazione collettiva dell’umanità, e ne è anzi una delle più potenti rappresentazioni. E allora come ovviare alla scollatura tra la visione burocratica e professionale della città, impersonata in modo così insoddisfacente dall’urbanistica contemporanea, e la natura intima della città come prodotto e potenziale  ispiratrice di civiltà ? Forse la maniera migliore è quella di incoraggiare, e soprattutto nelle generazioni dei più giovani, proprio questa seconda “visione alta” del nostro ambiente urbano.

Questa suggestione è sintetizzata in tre parole: imparare la città.

 

La Città come Magia dell’Ordinario

Nonostante il fatto che la dimensione pubblica della città sia costantemente minacciata, la qualità e l’accesso allo spazio pubblico rimangono una componente primaria della qualità della vita urbana, soprattutto per coloro che sono costretti a vivere in condizioni abitative disagiate. È questo l’”aspetto magico” dello spazio pubblico; anche dove non è particolarmente attraente, è nello spazio pubblico che ci sentiamo un po’ più uguali.

Quindi, cosa imparare?

–        i diritti e doveri dei cittadini nello spazio pubblico. Alcuni sono tratteggiati nella Carta dello Spazio Pubblico (Garau, Lancerin & Sepe M. 2015) adottata dalla Biennale dello Spazio Pubblico nel 2013. Tra i diritti, quello di spazi verdi, per il gioco e per lo sport accessibili a tutti; della vicinanza e disponibilità di strutture per la salute e per l’istruzione; di  un’adeguata manutenzione dei percorsi pedonali, ciclabili e  motorizzati; di una illuminazione pubblica adeguata; della repressione di abusi quali i parcheggi non consentiti; di attraversamenti e accessi a strutture educative sicure, con particolare attenzione alle esigenze dei bambini e delle bambine. Tra i doveri, quello di trattare lo spazio pubblico con lo stesso rispetto con cui si ha cura del proprio spazio privato.

–        come stiamo andando in merito all‘impegno di fornire, come recita l’obiettivo 11.7 dell’Agenda 2030 (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo 2021) « accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili»?

Quali i risultati possibili?

–        la condivisione del principio che lo spazio pubblico è il risultato della combinazione virtuosa dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini ed un contributo decisivo a favorire l’eguaglianza e la qualità della vita di tutti, e soprattutto dei meno privilegiati;

–        La consapevolezza di contribuire ad un obiettivo al cui conseguimento si sono impegnati tutti i paesi del mondo.

La città come miracolo della convivenza

Le caratterizzazioni catastrofiste del nostro vivere urbano (traffico, inquinamento, rifiuti, e soprattutto criminalità) ne offuscano una dimensione fondamentale, che è quella della città come miracolo di convivenza. Gli abitanti della città godono della piena libertà di spostarsi, sostare, osservare, trattenersi, socializzare. E godono alche di un altro grado di libertà: scegliere le modalità dell’interazione sociale. In una città tutti hanno la possibilità di godere dello scorrere della vita urbana in piena autonomia, oppure di approfittare della presenza di occasioni d’incontro per arricchire i propri orizzonti personali, o semplicemente per trovare un po’ di compagnia. Nell’arco di 24 ore, più di quattro miliardi di residenti urbani nel mondo, spesso appartenenti a numerose culture ed etnie diversissime[2], portano avanti le loro attività di lavoro, svago, ed altro in un clima che si può appunto definire “di pacifica e civile convivenza”; e questo in condizioni generali di piena sicurezza e serenità, sia pur turbate occasionalmente da incidenti ed occorrenze sgradevoli che proprio questo “miracolo della convivenza” rende statisticamente quasi insignificanti.

Cosa imparare dunque?

–        che dobbiamo essere preparati a condividere la città con persone niente affatto simili a quelle che frequentiamo normalmente nei nostri ambienti familiari, e che da questa condivisione nascono curiosità, interesse, conoscenza, comprensione, cultura.

E i risultati auspicabili?

–        Cogliere nella città l’occasione irripetibile per superare tutti i pregiudizi culturali e per viverla come laboratorio di convivenza.

La Città come Macchina Meravigliosa

Il concetto di “macchina” applicato a contesti urbani non è nuovo. Ma anche dopo le disillusioni e le forzature della “Ville Radieuse” (Fishman 1977) e dei suoi epigoni, il concetto di “Città come Macchina” è di per se’ affascinante. Scoprire “come funziona la città” può essere un modo assai efficace per apprezzarne l’esistenza ed il valore. Ed è singolare che persino nelle università che si occupano di architettura ed urbanistica questo aspetto venga trattato in maniera così incompleta ed inefficace. Ci siamo mai chiesti se non è meraviglioso il fatto che nonostante tutto vi sia una città sotterranea che ci porta acqua potabile e ci libera dei liquami, che assorbe l’acqua piovana permettendo la percorrenza di strade e marciapiedi, che porta in ogni casa ed in ogni luogo abitato l’energia necessaria per combattere il freddo e il caldo e per far funzionare le nostre apparecchiature elettriche ed i nostri computer, che è organizzata in modo da recapitare le merci ed i prodotti più vari, che ci offre la possibilità di raggiungere qualunque punto utilizzando una varietà crescente di mezzi di trasporto privati e pubblici; e tutto questo –ed altro- senza sosta, per 24 ore la giorno, ed ogni giorno?

Cosa imparare dunque?

–        che la città non è un luogo qualunque da prendere come scontato, ma al contrario una macchina meravigliosa di cui è utilissimo comprendere il funzionamento, proprio per diventarne migliori utilizzatori e renderla sempre più rispondente alle esigenze di tutti;

–        Che occorre apprezzare maggiormente l’opera di tutti i tecnici ed i lavoratori invisibili che ci permettono di godere dei vantaggi della vita urbana.

La città come speranza ecologica

La semplice constatazione delle inefficienze dell’edilizia sparsa e dello “sprawl”, con la loro domanda aggiuntiva di energia e di infrastrutture  ed il consumo esasperato di suolo, mette in luce l’efficienza ecologica della concentrazione urbana e dei centri urbani di maggiore grandezza. I modelli abitativi plurifamiliari, la densità edilizia, la presenza di alternative di trasporto collettivo sotterraneo e di superficie, le alternative locali di consumo che non richiedono lunghi spostamenti, l’accesso a soluzioni di mobilità non motorizzate, sono tutte caratteristiche che indicano nelle città compatta le soluzioni urbanistiche più sostenibili in termini di percentuale di popolazione insediata.

In aggiunta a questo, studi su quartieri europei edificati a cavallo del secolo scorso  indicano che fu proprio in quel momento storico di scarsa diffusione del trasporto automobilistico individuale e di tecniche costruttive ancora incapaci di raggiungere grandi altezze che si sviluppò un modello di “urbanistica sostenibile inconsapevole” che oggi ci ha consegnato alcuni dei quartieri più vivibili ed ambiti della città contemporanea.

Cosa imparare dunque?

–        che ormai la maggioranza dell’umanità vive in centri urbani, e ben l’80 per cento nel caso dei paesi europei;

–        che vivere consapevolmente e responsabilmente in una città offre quindi occasioni per contribuire in maniera decisiva al controllo delle concentrazioni inquinanti ed all’accumulazione dei gas serra;

–        che esistono modelli urbanistici trascurati e dimenticati in grado di garantire quelle caratteristiche di compattezza edilizia, equilibrio di scala,felice dosaggio tra spazi pieni e spazi aperti, amenità, accesso a servizi locali che esaltano il potenziale ecologico della città.

I risultati auspicati:

–        apprezzare il collegamento tra il principio astratto della sostenibilità ambientale e l’imperativo di comportamenti urbani ecologicamente virtuosi a partire dagli aspetti più semplici e intuitivi: evitare gli sprechi di energia a livello individuale e collettivo, limitare i consumi eccessivi di ogni tipo, usare con parsimonia il mezzo di trasporto motorizzato, ivi comprese le soluzioni falsamente ecologiche offerte in omaggio all’uso persistente di tecnologie di trasporto ormai inadatte ed antiquate;

–        discutere e sperimentare idee e modelli per un’urbanistica a scala umana e rispettosa della natura.

 

Per il post-COVID: Imparare la città a scuola

La pandemia che ci ha così severamente colpiti ha anche, tuttavia, acceso speranze che questa tragedia ci possa offrire l’occasione di far fare un passo in avanti alla coscienza civile del Paese. Ci attendono quindi sfide importanti; e la prima è quella della formazione delle generazioni future. In questa sfida è opportuno si mobilitino non solo il personale educativo, ma anche tutti coloro che per il  loro impegno scientifico, culturale e professionale hanno a cuore il risveglio del paese dalla cappa di rassegnazione ideologica e culturale in cui è sprofondato, ivi incluse da un lato  l’acquiescenza ad un neoliberismo immobile ed incapace di visioni confortanti e dall’altro la minaccia di  una deriva intollerante ed anti istituzionale.

E’ invece la città ad impersonare importanti valori per le nuove generazioni – la città come spazio pubblico, la città come miracolo di convivenza, la città come macchina meravigliosa, e la città come speranza ecologica. Si tratta di valori che incarnano le battaglie per alcuni dei più importanti obiettivi emersi dalla società civile: la battaglia per i beni comuni; quella per la convivenza e la tolleranza; quella per l’ apprezzamento per le conquiste culturali della nostra civiltà; e quella per la salvezza del nostro pianeta.

La maniera migliore per coltivare  e far crescere questi valori in modo significativo e sostenibile è l’introduzione della nuova materia “Città” nel nostro ordinamento scolastico. Che questo possa accadere, non lo sappiamo. Ma se ci crediamo, e se non ci proviamo noi, chi lo farà?

 

 

Citazioni e bibliografia

Garau P., Lancerin L. & Sepe M. 2015, The Charter of Public Space, LISt Lab, Rovereto

Fishman R. 1977, Urban Utopias in the Twentieth Century, MIT Press, Cambridge, Mass., London, England

UN-Habitat 2015, Global Public Space Toolkit: From Local Principles to Local Policies and Practice, consultato a gennaio 2021, https://unhabitat.org/global-public-space-toolkit-from-global-principles-to-local-policies-and-practiceGlobal Public Space Toolkit: From Global Principles to Local ice

Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo 2021, Obiettivi di sviluppo sostenibile | SDGs 2021, consultato a gennaio 2021, https://www.aics.gov.it/home-ita/settori/obiettivi-di-sviluppo-sostenibile-sdgs/

Biennale dello Spazio Pubblico, consultato a gennaio 2021, http://www.biennalespaziopubblico.it

 

Note

[1] Illustrazione del manifesto di Avanspective: La ville du Futur au Cinema, mostra-dibattito, Ginevra, Maison de l’Habitat, 27 giugno 1997.

[2] una delle espressioni più felici uscite da una delle edizioni più recenti della Biennale dello Spazio Pubblico  è stata la seguente: “La città eguale è la città delle differenze. (Biennale dello Spazio Pubblico 2021)

 

Didascalie Immagini

Copertina: La città da leggere: Biblioteca Pubblica, Kansas City, USA

Fig. 1: P. Garau, “Magia dell’ordinario” , 2018 (foto)

Fig. 2: P.Garau, “Musica e convivenza”, 2018 (foto)

Fig. 3: fontanelle-org, “fontanelle a Roma”, 2021 (pagina web)

Fig. 4: P.Garau, “Greening the City”, graphic art work, 2016