ISSN 1973-9702

Immagine copertina

Stessi spazi, nuovi usi: temporaneità e spazio pubblico nella città contemporanea

di Sara Caramaschi

Dottoranda, Dipartimento di Architettura, Roma Tre

Nonostante il fenomeno della temporaneità e dell’attivazione provvisoria dello spazio urbano sia stato adottato da molti, nel mondo accademico e nella professione pochi hanno studiato e promosso i concetti di pop-up e tactical urtbanism.

Il libro, scritto dal pianificatore Peter Bishop insieme all’ambientalista Lesley Williams, indaga questi concetti, diventando il primo vero riferimento di una serie di azioni, tattiche e progetti dall’immediato effetto. Questo approccio alternativo è stato identificato dai due autori come una emergente forma di fare urbanistica, un modo di risolvere alcune criticità contemporanee con strategie e tattiche transitorie.

Il fenomeno dello shrinkage, della contrazione urbana, non lascia dubbi al fatto che il numero di vuoti urbani sia destinato a crescere.  Molti sono gli spazi che hanno perso senso, uso o attenzione e diventa dunque urgente esplorare e definire nuovi cicli di vita, nuovi usi o attività, che riportino dignità a questi brani di città. Architetti, urbanisti e pianificatori hanno riscontrato di non avere le risorse, il potere e il controllo per migliorare lo spazio urbano e sono sempre più i progetti asettici, lontani dalle aspettative di chi vive questi luoghi.

Sono così riemerse una serie d’iniziative temporanee che lavorano sul coinvolgimento diretto dei cittadini per la riappropriazione dello spazio pubblico, progetti bottom-up promossi per sbloccare il potenziale dei luoghi in cui si situano. L’uso temporaneo della città è stato riscoperto come uno degli strumenti più idonei di adattamento urbano, la reazione più efficace rispetto alle condizioni che il secolo corrente pone in essere.

Bishop e Williams riflettono sull’interessante coesistenza tra l’offerta di edifici e spazi inutilizzati e una domanda di usi flessibili da parte dei cittadini. Il mercato immobiliare ha dimostrato essere impreparato a rispondere e adattarsi ai rapidi mutamenti sociali, tecnologici, economici e urbani. Proprio a questa mancanza di risposte, alcuni gruppi di ricerca hanno cominciato a opporre proposte autonome già dagli anni ’90. Il libro raccoglie dunque una buona bibliografia in merito e permette una ricognizione sull’attività, avvenuta nella città e in rete.

The Temporary City è sicuramente un’interessante panoramica di oltre dieci anni di tattiche e iniziative temporanee, un volume che pone l’accento sia sulla teoria sia sulla pratica progettuale.

Dal punto di vista teorico, esso esplora solo superficialmente le radici della temporaneità nell’urbanistica, citando autori come Sola Morales, De Certeau e Bauman senza definire uno studio teoretico o diacronico più preciso. Molti dei casi studio presentati sono inglesi, elemento di debolezza a mio parere, poiché una panoramica più variegata avrebbe arricchito la ricerca.

Queste scelte sono però precisate fin dall’inizio: i due autori sottolineano che il libro non vuole proporre una nuova teoria urbana, né essere un trattato accademico sulla temporaneità. Non è nemmeno un manuale, ma una riflessione personale sull’urbanistica contemporanea, sui suoi limiti e potenzialità, un’esplorazione dei fenomeni urbani emergenti.

immagineNella prima parte, il libro pone l’accento sulle principali motivazioni che hanno portato la nascita del fenomeno: l’incertezza economica mondiale, il numero crescente di vuoti urbani, i nuovi social media e mezzi di comunicazione, la richiesta di una maggiore flessibilità, i processi partecipativi e l’adattamento. In questo contesto così variegato, i due autori definiscono l’importanza della  flessibilità, la sua forza di migliorare e attivare lo spazio, di instillare vitalità, diversità e bellezza in spazi privati di cura e attenzione.In seguito, sono discusse le diverse forme di urbanistica temporanea, attraverso la lettura di casi studio specifici. Sono trattati i benefici dell’uso provvisorio di aree in attesa di trasformazioni; il consumo e i concetti di città pop-up; la città come palcoscenico e il ruolo dello spazio pubblico per proteste e manifestazioni pubbliche; cultura e contro-cultura; il ruolo della partecipazione nelle iniziative locali; il dilemma delle creative cities e dei processi di gentrification.

L’obiettivo finale è re-immaginare lo spazio, riconoscendo metodi alternativi di fare città, piccoli interventi, flessibili e dinamici, capaci di trasformazioni profonde. Queste forme temporanee hanno la forza di stimolare il mercato, migliorare l’immagine e la percezione della città, attivando i vuoti urbani e dando valore a spazi ordinari.Il libro è sicuramente uno dei testi più completi sul tema; esso pone l’accento su ricerche in corso e casi studio esemplificativi, mette in luce potenzialità e modi di attivazione temporanea dello spazio. In definitiva, “it broadens the tools at your disposal and allows you to do things at a time when it’s bloody difficult”.

(foto di Sara Caramaschi, Williamsburg, Brooklyn, NY, 2014)

The Temporary City

Peter Bishop and Lesley Williams

Routledge, 2012, 248 pp., 103 immagini a colori, ISBN 978-0-415-67056-2