ISSN 1973-9702

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La miniera di salgemma di Loulé nel paesaggio del Portogallo meridionale: una risorsa a livello paesaggistico e urbano.

di Daniele Stefàno

Segretario IASLA – Società Scientifica Italiana di Architettura del Paesaggio

Le miniere, in quanto luoghi sotterranei, sono generalmente considerate dei luoghi di secondaria importanza nella nostra vita quotidiana perché non rappresentano una risorsa visibile. Ma è importante ricordare come il paesaggio sia un insieme di fattori sinergico in cui ogni elemento è essenziale per l’intero organismo (Turri, 2008).

Chiudere o dimenticare una parte del territorio equivale a perdere una risorsa importante che invece può essere riletta in modi differenti. La miniera di salgemma di Loulé è un caso interessante se visto in quest’ottica. Il sito, attualmente in stato di degrado, è un’occasione per ripensare la sua connessione con la città e il territorio che può avvenire in superficie e nel sottosuolo rendendo visitabile e percorribile il percorso ipogeo.

In superficie vi è una ricchezza paesaggistica unica. I muretti a secco scandiscono il territorio leggermente ondulato organizzandolo in ampi terrazzamenti mentre le colture di ulivi e carrubi creano i patternprevalenti del paesaggio vegetazionale dell’area (Ribeiro, 2011). Si ricorda a proposito che l’Algarve è la regione più meridionale del Portogallo, si affaccia a Sud e a Est sull’Oceano Atlantico ed è caratterizzata da un clima tipicamente mediterraneo. La regione si divide in tre fasce geografiche principali: la serra, costituita da montagne di scisto, il barrocal, caratterizzato da piccoli colli calcarei su cui crescono mandorli, fichi e carrubi e il litoral, la costa. (D’Abreu, Correira & Oliveira, 2004).

Parallelamente, l’area della miniera è ricavata all’interno di un giacimento di salgemma tramite una rete di tunnel ortogonali disposti su due piani. L’attività produttiva è al termine e l’intera area non è quindi sufficientemente valorizzata anche perché non se ne percepisce l’esistenza a livello cittadino e territoriale, quando invece i suoi impieghi potrebbero essere più ampi. Dobbiamo considerare inoltre che le aree minerarie custodiscono sempre dei tesori in termini geologici e che sono delle risorse uniche da rendere accessibili alla popolazione. Troppo spesso si dimentica che le miniere sorgono in delle zone con delle peculiarità ambientali uniche e che sono dunque una risorsa a livello turistico e museale, oltre che esclusivamente produttivo (Conlin & Jolliffe, 2010).

Il giacimento di salgemma di Loulé è nato per la mutazione geologica venuta a crearsi dalla separazione tra Europa e Africa che creò il Mar Mediterraneo 250 milioni di anni fa, è stato scoperto negli anni ‘60 e ad oggi la miniera scende fino a 313 metri di profondità. Una parte significativa della produzione è esportata ed utilizzata soprattutto per la produzione di sale per lo scongelamento delle strade. Ma attualmente la miniera, come detto, sta diminuendo la sua produzione e l’impresa che la gestisce ha l’obiettivo di inserirla nei percorsi turistici e di trasformarla in una SPA.

Il salgemma, halite, ha delle proprietà benefiche per il sistema respiratorio: l’aria ricca di ioni negativi favorisce il benessere psicofisico ed è indicata per asma, malattie polmonari, tosse, bronchite, tonsillite, faringite, rinite, sinusite e otite (Horowitz, 2010). In Europa esistono varie miniere di salgemma, le più importanti si trovano in Polonia, Austria, Italia, Portogallo e Svizzera. Tra queste quelle di Bochnia e di Wieliczka, vicine a Cracovia, si distinguono per essere state trasformate in musei e luoghi di riabilitazione e benessere. Sono ricche di stanze che creano architetture immaginifiche, con cattedrali, ospedali, e stanze di cura.

Pertanto, le potenzialità delle miniere in termini di progettazione del paesaggio sono considerevoli. Trasformare una miniera in luogo di cura e al contempo aprire il sito alla popolazione ripensandolo come un parco urbano o in un giardino, permette di recuperare dei punti di vista caratteristici del territorio ridefinendo i margini urbani più degradati e marginali. Gli usi terapeutici della miniera possono richiamare la popolazione locale definendo una nuova centralità. Il caso di studio mostra quindi quanto le aree minerarie siano strategiche se ripensate come potenziali spazi pubblici. Aprire le nostre aree minerarie alla fine della loro attività produttiva senza lasciare che diventino luoghi di scarto è proficuo. Ripensare le miniere come un giardino, un parco o uno spazio pubblico in genere, è una strategia auspicabile.

La miniera di salgemma di Loulé, con le sue graminacee e le rocce color rosa, è un’occasione per pensare di diffondere benessere riunificando le aree marginali del centro abitato al ricco paesaggio pieno di storia, bellezza e cultura. Come sostiene Marco Martella, oggi “la voce del giardino è quasi impercettibile nel rumore di fondo del mondo”, ma è anche vero che “un’utopia può materializzarsi, diventare spazio reale e realmente abitabile”(Martella, 2016).

 

Bibliografia

Conlin MV. & Jolliffe L. 2011, Mining heritage and tourism. A global synthesis, Routledge, New York.

D’Abreu AC., Correira TP. & Oliveira R.2004, Contributos para a Identificação e Caracterização da Paisagem em Portugal Continental, Volume I, Direção Geral do Ordenamento do Território e Desenvolvimento Urbano, Universidade de Évora, Lisboa.

Horowitz S. 2010, Salt cave therapy: rediscovering the benefits of an old preservative, in Alternative and Complementary Therapies16(3), pp. 158-162.

Martella M. 2016, Tornare al giardino, Adriano Salani Editore, Milano.

Ribeiro O. 2011,Portugal, o Mediterrâneo e o Atlântico,Livraria Letra Libre, Lisboa.

Turri, E. 2008, Antropologia del Paesaggio, Marsilio Editori, Venezia.

 

Immagini

copertina: L’ascensore della miniera, Daniele Stefàno, 2016.

fig.1: Il Santuário da Nossa Senhora da Conceição,Daniele Stefàno, 2016.

fig.2: Fuori dalla miniera, Daniele Stefàno, 2016.

fig.3: Muretti a secco nella macchia mediterranea, Daniele Stefàno, 2016.

fig.4: Planimetria della miniera, Daniele Stefàno, 2016.