Le forme dell’equità
Perequazione tra rendita assoluta e rendita differenziale
di Simone Rusci
DESTeC – Università di Pisa
Per chi si accinge a scrivere di rendita è piuttosto superfluo ricordare quanto essa abbia influenzato, soprattutto in Italia, le sorti dell’urbanistica: basti pensare alla grande ed incompiuta stagione riformista degli anni ’60 ed alla successiva costellazione di piccole riforme e controriforme che si sono avvicendate nel panorama normativo fino ai giorni nostri. La rendita è stata considerata per lunghi anni (forse lo è ancora) il grande nemico della pianificazione, “quell’elevatissimo gradiente che gratifica il proprietario del suolo quando il prezzo, da quello del terreno agricolo, ascende a quello del terreno edificabile” (Salzano, 1998) , un reddito non guadagnato e goduto dalla proprietà fondiaria (privata) a seguito di scelte, quelle della pianificazione, che al contrario attengono totalmente alla sfera pubblica.
L’entità di questo gradiente – elevatissimo appunto – e la facilità con la quale esso poteva essere acquisito senza necessità di investimenti o applicazione di lavoro, ne ha fatto uno degli obiettivi più ambiti del mondo imprenditoriale, tanto da costituire un pericoloso concorrente all’investimento industriale e produttivo (che al contrario necessita di ingenti investimenti) e la ragione dei purtroppo ben noti fenomeni corruttivi che hanno da sempre caratterizzato la pianificazione (Cappelletti, 2012; Chiodelli & Moroni, 2015).
Tralasciando gli specifici effetti della rendita sulla gestione degli strumenti urbanistici, ci soffermeremo qui sull’aspetto centrale del rapporto rendita-urbanistica, ovvero quello dell’equità. Per fare questo è opportuno distinguere le due, ben note, forme di rendita: quella assoluta, di derivazione marxista (Marx, 1867) e quella differenziale di origine ricardiana, ripresa poi nei successivi studi di Von Thunen e Alonso.
La rendita assoluta è quella che si manifesta nel momento in cui ad un terreno agricolo è attribuita una capacità edificatoria che a livello territoriale è contingentata, ovvero nel momento in cui il terreno diventa, in ragione della sua edificabilità, un bene scarso. Questa attribuzione non riguarda ovviamente tutti i suoli e dunque produce una duplice disparità: da un lato tra i proprietari terrieri stessi, che godono in maniera diversificata – ed in alcuni casi nulla – del diritto edificatorio; dall’altra una disparità tra la categoria dei proprietari terrieri e il resto della collettività. Il perseguimento dell’equità rispetto alla rendita assoluta è stato tentato in epoca riformista con le proposte di pubblicizzazione dei suoli (articolo 18 del disegno di legge Sullo) e più di recente, con esiti assai più efficaci, con la perequazione urbanistica. Quest’ultima nelle sue due forme orizzontali e verticali (Stanghellini, 2013) opera proprio nel riequilibrare queste due forme di disparità attraverso la compensazione di volumi, aree o opere pubbliche che il titolare del diritto edificatorio deve corrispondere alla collettività. Il successo della perequazione e la sua compatibilità con il quadro costituzionale che tutela la proprietà privata (Carrozza, 2017) fanno affermare – relativamente alle rendita assoluta – che l’obiettivo riformista è di fatto compiuto, la rendita catturata e le disparità fortemente mitigate.
Rispetto alla componente differenziale il ragionamento è più complesso e gli obiettivi più lontani.
La rendita differenziale si origina dalla diversità di condizione delle localizzazioni urbane; è certo influenzata dalle scelte pubbliche ma, diversamente dalla rendita assoluta, da quelle stratificate e di lungo periodo; per questa ragione è assai meno soggetta ai meccanismi di corruzione, così come all’arbitrarietà del pianificatore. Utilizzando una nota definizione è la “oggettivizzazione in termini economici e di prezzo, e la assegnazione a ogni specifico sito, del valore che i singoli attori economici attribuiscono esplicitamente o implicitamente ad ogni situazione territoriale nei loro processi di definizione delle scelte localizzative, produttive e residenziali” (Camagni, 1998).
È un fattore ineliminabile, fisiologico e che tiene in equilibrio l’efficienza localizzativa e l’allocazione delle risorse urbane ed è per questo un indispensabile fattore economico nell’organizzazione della città. Tuttavia la sua ineguale distribuzione – testimoniata dalla grande variabilità dei valori immobiliari all’interno di uno stesso aggregato urbano – produce significativi squilibri, soprattutto nelle parti consolidate della città dove i meccanismi della perequazione risultano inefficaci (Micelli, 2011)
In altri termini potremmo dire che la rendita differenziale rappresenta il contributo che la città, nella sua struttura generale, offre alla produttività delle attività poste nelle diverse sue parti e dunque la sua distribuzione e variabilità rappresentano un diverso “utilizzo” dei vantaggi localizzativi ed aggregativi.
L’assunzione di questa visione evidenzia con chiarezza le iniquità derivate da un’eccessiva differenziazione di questo tipo di rendita e apre interessanti fronti di ricerca sull’estensione delle forme perequative nei contesti consolidati, dove tradizionalmente le consuete forme di perequazione stentano a trovare una loro efficacia.
Se la rendita differenziale è infatti la traduzione in termini monetari di una prestazione fornita dalla città alla produttività delle attività urbane, è legittimo associare a tale prestazione la corresponsione di un commisurato onere sotto forma di “contro-prestazione” (Tesauro, 2016). La manifestazione progressiva e reddituale della rendita differenziale – molto diversa da quella della rendita assoluta – suggerisce a questo scopo forme di acquisizione di tipo fiscale.
Ai diversi livelli prestazionali della città (livelli di rendita) potrebbe allora corrispondere una diversa modulazione fiscale sia in termini immobiliari (IMU) che in termini urbanistici (oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione) così da trasformare gli attuali strumenti fiscali in veri e propri strumenti di perequazione urbanistica e gestione urbana. L’attribuzione di una fiscalità modulata rispetto alle caratteristiche funzionali e strutturali della città consentirebbe infatti di individuare forme incentivanti o disincentivanti rispetto a particolari fenomeni spontanei (come ad esempio la gentrification o il filtering) (Diappi & Bolchi, 2004). L’estensione delle forme di perequazione ai cotesti della città consolidata svincolerebbe, in ultimo, il perseguimento dell’equità dalle dinamiche espansive, garantendo l’investimento pubblico anche nei momenti nei quali il mercato immobiliare manifesta dinamiche recessive o stagnanti.
È ovvio come tale ipotesi dovrebbe essere preceduta dall’affinamento e dalla ricerca di modelli capaci di mappare efficacemente e in forma dinamica la distribuzione della rendita e la sua evoluzione a scala urbana e comunale.
Alcuni tentavi sono stati condotti (Rusci, 2016) modellizzando l’andamento delle componenti generatrici della rendita, ovvero la fertilità e la posizione: per la per la prima utilizzando modelli interazionali, capaci di restituire il potenziale economico spaziale e le caratteristiche (estrinseche ed intrinseche) che denotano gli apporti alla produttività; mentre per la seconda utilizzando strumenti di analisi configurazionale (Hillier, 1984) (fig.1), in grado di restituire l’apporto dello spazio, del suo attrito e dunque dei costi ad esso connessi.
Dall’incrocio di questi modelli, ampiamente sperimentati e diffusi, è stato possibile generare un modello composito in grado di rilevare la distribuzione della rendita in un ambito urbano (fig. 2).
L’affinamento di tali tecniche, ancora in fase sperimentale, costituisce un interessante campo di ricerca per la comprensione dei meccanismi di auto-organizzazione della città esistente e soprattutto per l’ampliamento del set di strumenti di gestione urbana oggi disponibili. Se infatti la mappatura della rendita costituisce un valido strumento conoscitivo della struttura economico-urbana (in ragione del suo contenuto informativo in termini di preferibilità localizzativa) è altresì lo strumento attraverso il quale possono essere costruiti i nuovi sistemi di perequazione differenziale.
Anche nel campo dell’equità il nuovo millennio pone domande all’urbanistica profondamente diverse da quelle del novecento, se fino ad ora l’imperativo è stato declinato in termini esclusivamente etici e politici, oggi si pone sempre più come un criterio di efficienza nell’impiego delle esigue risorse che alimentano l’investimento pubblico. Per questo, per evitare di dare nuove risposte a vecchie domande, è necessario tentare, ancora una volta, percorsi inesplorati.
—
Bibliografia
Camagni, R. (1998). Principi di economia urbana e territoriale. Roma: Carocci editore.
Cappelletti, M. (2012). La corruzione nel governo del territorio. Sprint.
Carrozza, P. (2017). Il terribile delitto: tensioni e discontinuità nel rapporto tra proprietà privata e beni pubblici dagli albori dello stato moderno ai giorni nostri. In I. Blecic (A cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo. Sguardi ed orizzonti sulla proposta di riforma di Fiorentino Sullo (p. 101-117). Milano: Franco Angeli.
Chiodelli, F., & Moroni, S. (2015). Corruption in land-use issues: A crucial challenge for planning theory and practice. The Town planning review, 86(4), 437-455.
Diappi, L., & Bolchi, P. (2004). L’effetto della rendita nelle dinamiche locali di degrado e ristrutturazione edilizia: un modello Multi Agente. In A. Bruzzo, & S. Ocelli, Le relazioni tra conoscenza e innovazione nello sviluppo dei territori. Milano: Franco Angeli.
Hillier, B. (1984). Space is the Machine. Cambridge: Cambridge University Press.
Marx, K. (1867). Il Capitale (edizione italiana del 1964 ed.). Editori riuniti.
Micelli, E. (2011). La gestione dei piani urbanistici. Venezia: Marsilio.
Rusci, S. (2016). Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi. Tesi di dottorato. Scuola di Dottorato in Scienze e metodi per la città e il territorio europei. Università di Pisa.
Salzano, E. (1998). Fondamenti di Urbanistica. Bari: Laterza.
Stanghellini, S. (2013). Perequazione, compensazione, fattibilità. Roma: INU edizioni.
Tesauro, F. (2016). Istituzioni di diritto tributario (dodicesima edizione ed.). UTET giuridica.
—
Illustrazioni
immagine di copertina: Fotogramma dal film “le Mani sulla città” di Francesco Rosi, 1963.
immagine 1: Simone Rusci – “Indicatori urbani per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi”, Tesi di Dottorato. Estratto dalla mappa dell’indice di integrazione.
immagine 2: Simone Rusci – “Indicatori urbani per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi”, Tesi di Dottorato. Estratto dalla mappa della rendita differenziale.