Ruolo e forma del commercio nell’immagine e nella qualità della città contemporanea
Dottoranda, Dipartimento di Architettura Roma Tre
[Immagine di copertina: Il commercio e la città ©Sara Caramaschi]
Fare commercio
L’etimologia della parola ci aiuta a introdurne una prima definizione. Commercio deriva dal latino commercium[1] (comp. di cŭm = con e mĕrx = merce), termine che indica il trafficare, lo scambiare merci o denari in grosso o a minuto. Come si evince già dall’origine del termine, il commercio è un’attività prettamente economica che trasferisce i beni da un produttore o venditore al consumatore finale. Questa transazione avviene attraverso un mezzo di scambio, sia esso denaro o un prodotto con un proprio valore.
Nonostante l’accezione economica, la parola latina ha indicato per secoli i rapporti di scambio di ogni sorta, fossero essi di natura monetaria o sociale, evidenziando come le relazioni tra società siano state prima di tutto commerciali, un mezzo per entrare in contatto e aprire un dialogo tra persone e culture differenti. Il commerciare è stato dunque sostanziale nello sviluppo della città e della società civile, un agire che ha portato alla costruzione di piazze, edifici civili e comunità urbana, contribuendo a rappresentare l’immagine e incrementare il potere della città.
Il centro commercial Marks & Spencer nel centro storico di Chapelfield, Norwich
Il commercio è dunque il fulcro della struttura urbana, origine dei primi nuclei medioevali. Molti sono gli autori che hanno affermato che le città si sono sviluppate a partire dal luogo fisico dello scambio, magari periodico, delle merci, per divenire successivamente elemento di conservazione e mantenimento della città stessa. Nell’organismo urbano medioevale, strade e piazze del mercato sono il risultato di un sistema di sinergie tra i luoghi dello stare, del socializzare, del produrre e dello scambiare. Le botteghe sono luoghi privati, di produzione e scambio dei beni, che si configurano in una simbiosi osmotica, una naturale prosecuzione dello spazio pubblico. Queste precisazioni aprono a una definizione molto più profonda del termine, indagando concetti che vanno oltre il mero scambio economico.
Fare commercio per fare città
Nella storia delle città, le aree tradizionalmente destinate al commercio hanno giocato un ruolo chiave nella formazione delle comunità urbane, grazie alla loro connaturata vocazione di luoghi di socializzazione. Il commercio, intrecciandosi con la vita civile e religiosa, ha contribuito alla costruzione della piazza e della strada, luoghi d’incontro e di scambi materiali e immateriali, fulcro della struttura sociale.
Tra commercio e spazio pubblico si instaura dunque un rapporto necessario, fondamentale per la costruzione di reti sociali e di una comunità urbana: non vi può essere commercio senza spazio pubblico, se non altro perché quest’ultimo è il tessuto in cui circolano le persone e le merci, spazio di esibizione di queste ultime, e, come insegnano le ipotesi di genesi storica della città, non vi può essere spazio pubblico senza commercio.
Il ruolo delle attività commerciali è dunque centrale nell’organizzazione della città e del territorio, differenziando, nel tempo, il suo modello insediativo per tipologia, dimensione, conduzione e localizzazione.
Negli studi e negli approcci degli strumenti urbanistici, il commercio è stato oggetto di interpretazioni alterne: commercio inteso come un servizio di vicinato avente anche funzioni sociali; commercio come media struttura di vendita da governare con le prescrizioni insediative degli azzonamenti di piano; commercio come attività di grande dimensione da negoziare per le compensazioni e per le contribuzioni annuali su cui le Amministrazioni possono contare; commercio come attività da tutelare e da promuovere perché vivacizza gli insediamenti urbani e riattiva lo spazio pubblico.
Il commercio, dunque, più di ogni altra attività economica, usa e connota lo spazio in cui si insedia, determinando processi di aggregazione, polarizzazione, ambientazione, tali da influenzare profondamente il modo di essere città.
Il commercio: ruolo e forma nell’immagine e nella qualità della città contemporanea
La complessità che si cela dietro al termine commercio determina il peso e l’incidenza del fenomeno sull’immagine e sui paesaggi della città contemporanea. Il nucleo urbano costituisce il luogo in cui le attività si insediano, operano e possono prosperare, fornendo alla comunità urbana un sistema di servizi di prossimità, articolati e complessi. Il loro assetto, il loro funzionamento, la loro qualità rappresenta un tutt’uno indissolubile e vitale tra attività economiche, contesti sociali e contesti urbanizzati. Il commercio dipende dunque dalla città, intesa come articolazione di servizi generali, così come la città dipende dal commercio, per le funzioni sociali, economiche e occupazionali da esso svolte.
Il commercio su strada ©Sara Caramaschi
Come nell’antichità, nel Medioevo e nella città moderna, oggi al commercio è richiesto di stimolare la vita e la qualità nell’abitato, di suggerire motivi d’incontro e di scambio, di attivare la vita sociale e lo spazio. Negli ultimi anni, politiche e progetti hanno timidamente proposto un ritorno alla città e nella città, riavvicinando il commercio alla vita della comunità e alle necessità dei cittadini. Questo ritorno a una logica di sviluppo, di rapporti, di funzioni, questa volontà di curare l’organismo urbano, risiede nel riconoscimento che il commercio non può essere trattato in modo settoriale, ma ha bisogno di essere riconosciuto nelle sue diverse forme, dimensioni e ruoli.
Il commercio dunque è alla ricerca di vecchi e nuovi modi di scambiare in maniera complessa fisicamente e funzionalmente con il tessuto urbano che lo contiene, promuovendo da un lato attività di tipo economico e fungendo contemporaneamente da servizio alla collettività. Da sistema parassitario quale è stato (e ancora in buona parte è), il commercio sta lentamente determinando condizioni di reciproco miglioramento nei confronti della città esistente, rigenerando l’intero organismo.
Market Hall, Bolton image ©Nick Kane
In tutto il mondo si sta sviluppando un’ampia riflessione progettuale sui mercati comunali coperti e sul ruolo che possono rivestire nella città; nuove forme di rilancio del commercio urbano stanno interessando città di ogni dimensione, dimostrando come il commercio di piccola scala sia essenziale nella città consolidata e nelle strade dei centri urbani; processi di de-malling hanno interessato grandi complessi commerciali sub-urbani e urbani, rispondendo al fenomeno di fallimento e conseguente dismissione di shopping malls, big boxes stores e strip malls; nuovi modelli di partenariato volontari, come il Town Centre Management, o pubblico-privati, i Business Improvement Districts o BIDs, hanno promosso azioni di miglioramento, progettazione e programmazione urbana; forme commerciali su aree pubbliche o itineranti, come mercati locali e commercio mobile, sono riapparse in molte città, dimostrando straordinari effetti benefici a livello urbano, sociale ed economico.
Newbury Parkway, un progetto di rigenerazione urbana commerciale ©Standard Life Investments
In questo scenario, il commercio rappresenta certamente un elemento di vitalità e di aggregazione sociale, animando e popolando lo spazio e differenziandosi nelle forme e nelle modalità di rapportarsi con lo spazio pubblico circostante. Oggi ci troviamo di fronte al sostanziale ritorno del commercio nella città e per la città, alla integrazione tra tipologie e localizzazione, al riconoscimento che la presenza di attività commerciali di piccole e medie dimensioni, variegate e diversificate nell’offerta e nella forma, è parte dominante e inevitabile della vita pubblica nella città.
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[1] Lemma tratto da Cortellazzo, M. & Zolli, P. (2004). L’etimologico minore. Dizionario etimologico della lingua italiana. Zanichelli