Uno sguardo sull’evoluzione degli studi specialistici in campo turistico. La caduta dei limiti disciplinari e la pratica turistica nell’epoca contemporanea
Dottoranda, Dipartimento di Architettura, Roma Tre
[Immagine di copertina: Luigi Ghirri, Versailles, 1985. C-print, vintage cm 40 x 50. Courtesy Fototeca Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia. © Eredi Ghirri]
Il Turismo nel corso dei decenni (a partire più o meno dagli anni sessanta del XX secolo) ha affascinato studiosi dalle provenienze disparate: geografi, sociologi, psicologi, antropologi, filosofi, economisti, architetti. Se già negli anni cinquanta l’antropologo francese Marcel Mauss definiva il turismo fatto sociale totale ritroviamo nel più recente pensiero del geografo Minca un approccio che si rivelerà determinante per i successivi sviluppi degli studi sul turismo, vale a dire l’individuazione di un legame naturale tra la componente sociale e quella spaziale del fenomeno turistico. Egli afferma infatti che il turismo è un fenomeno di rilevante portata spaziale, e data l’importanza che sta assumendo lo spazio nell’evoluzione del pensiero sociale ritiene che un ruolo cruciale debba averlo la geografia del turismo come disciplina che tenga insieme l’osservazione del territorio da parte del turista e il suo bisogno di evasione dagli spazi del quotidiano. (Minca 1996)Si è fatto recentemente un ulteriore passo avanti nel campo della contaminazione interdisciplinare, coinvolgendo la sociologia visuale nelle scienze turistiche. Ancora una volta è necessario riconoscere che la letteratura di lingua inglese fin dagli anni settanta aveva dato alla luce una serie di pubblicazioni socio-antropologiche sull’uso della pittura e della fotografia nella pratica turistica, tra le quali ricordiamo The Tourist di Dean MacCannell (1976), Ethnic and Tourism Arts di Nelson H. Graburn (1978) e infine The Tourist Gaze di John Urry (1990). Si tratta di testi nei quali la mobilità territoriale per ragioni turistiche viene interpretata nell’ottica della rappresentazione dell’autenticità (termine mutuato da Goffman, 1969).
Foto di Beatrice Botto
Il Turista, dunque, viene interpretato come un collezionista di simboli attraverso i quali trasforma tanto semplici pratiche della vita quotidiana quanto beni culturali in must dei quali il viaggiatore moderno deve necessariamente fare esperienza. Un vero e proprio pellegrino della modernità che venera gli oggetti del suo sguardo in quanto rappresentativi dell’eccezionale in contrapposizione al quotidiano. (Leotta 2005). Il contributo di Urry al dibattito accademico si è rilevato determinante per i successivi sviluppi della ricerca. Infatti l’introduzione del concetto di “tourist gaze” (sguardo del turista) ha aperto la strada ad un mondo di studi empirici più specificamente diretti all’analisi di immagini turistiche e tecniche di ripresa fotografiche. Rileggendo sotto quest’ottica le pratiche turistiche di ogni epoca, Nocifora ci propone una riflessione sulla genesi dei siti di attrazione turistica, teorizzando che è grazie alle immagini che i primi viaggiatori commissionavano ai grandi pittori dell’epoca che si è costruito quel bagaglio iconografico che ha trasformato in mete turistiche località e monumenti che non erano affatto considerati significativi e degni di attenzione fino a quel momento storico. (Nocifora in Leotta, 2005)
Fin qui occorre rilevare che le due macro aeree disciplinari che si sono occupate dei fenomeni turistici sono afferenti alla geografia e alla sociologia, seppur con tutte le differenze e sfumature sinora illustrate. I geografi più attenti all’aspetto spaziale della pratica turistica, al territorio, al luogo trasceso a sito turistico; i sociologi concentrati invece sul turista, su motivazioni aspirazioni e desideri di chi decide di partire dalla propria casa diventando abitante effimero di un luogo più o meno lontano.
Se ciò era vero vent’anni fa, oggi che il mondo è diventato ancora più piccolo vediamo dunque nascere pratiche turistiche che fanno dell’esperienza la loro ragion d’essere.
A livello mondiale troviamo come nuovo approccio il Turismo creativo, termine coniato da Wilson e Richards nel 2006, la cui anima è quella di offrire al turista un brano di vita quotidiana del luogo di vacanza, una ricostruzione più o meno autentica di un’identità territoriale, questa sì impossibile da assaporare senza essersi recati fisicamente in un certo luogo. Secondo Richards il sogno del turista di poter vivere come un locale è una motivazione prevalente nel mondo di oggi, e ciò viene confermato dal successo di iniziative come il City Sherpa a Helsinki, nel quale i residenti del luogo accompagnano i visitatori (dopo essere stati scelti in base al proprio profilo) in passeggiate che si basano così non su itinerari convenzionali ma sugli interessi personali della guida. (Richards, 2008)
Si tratta di tendenze dovute non solo all’aumento dei flussi di informazione, ma anche alla crescita della sensibilità ecologica che rende il turista più attento al luogo di vacanza e desideroso di preservarlo nella sua interezza, un Turismo sostenibile almeno nelle intenzioni.
In quest’ottica di rinnovamento delle pratiche turistiche dovuta all’abbattimento di frontiere fisse, una serie di studiosi contemporanei ritiene che sarà il Turismo urbano a diventare il principale motore di attrazione degli spostamenti territoriali per motivi di svago.
Asterio Savelli scrive nel 2011, riprendendo un pensiero tratto dal libro di Amendola del 1997 “La Città Postmoderna” che oggi la città, nel quadro della nuova economia dell’informazione, è il luogo capace di incoraggiare la sensazione di essere turisti, tanto nei visitatori estranei quanto nei residenti, che a suo parere rivolgono alla propria città una domanda che non è diversa da quella espressa dal turista stesso.
Se dunque il Turismo urbano diventa per le città un pretesto di rinnovamento della propria offerta culturale, ecco che cade un altro pilastro del turismo tradizionale: possiamo essere turisti anche a cento metri da casa, perché l’esperienza che ci viene offerta ci mostra sotto una nuova luce qualcosa di domestico rendendolo altro, quindi nella condizione di essere nuovamente conosciuto. Ecco che torna centrale la questione dell’immagine veicolata dalla pratica turistica: se è necessario attirare non solo visitatori lontani ma anche vicini, si apre un mondo iconografico di ricerca di immagini nuove per rendere visiva questa costante ricerca dell’altrove in luoghi domestici, che nel caso delle città si realizza in vere e proprie campagne pubblicitarie fatte di loghi, slogan, marchi di facile e rapido consumo visibili tanto nei mezzi pubblici quanto nei punti informativi, nei musei e sul web. Aime e Papotti ritengono che se il turismo urbano conosce un sensibile aumento è soprattutto grazie alla crescente importanza dell’universo semiotico di comunicazione delle immagini turistiche che nelle città trova una densità di significazioni senza pari. In esso si incontrano componenti materiali e immateriali, reale e finzione, ricostruzione storica e fantasia artistica, testimonianza documentaria e rivisitazione ad usum turistico. (Aime, Papotti, 2012)
Immagine elaborata da Beatrice Botto
L’immagine che viene veicolata sempre più si rivela essere, oltre che catalizzatore di presenze, qualcosa da verificare più che da conoscere (basti pensare alle miriadi di siti internet sui must see con relative stelline di gradimento degli utenti, correlati di immagini suggestive).
Se dunque, come abbiamo visto, stanno nascendo nel mondo forme di Turismo alternativo sempre più diffuse, a farla da padrone soprattutto per le mete urbane è ancora un turismo fortemente standardizzato che vede la sua ragion d’essere nel potere della guida turistica che incarna il tentativo, antico quanto la pratica del viaggiare, di tradurre la complessità di un territorio in parole (Aime, Papotti, 2012) e della conseguente dittatura dell’itinerario.
Si può arrivare a dire che per la maggior parte dei turisti non esiste nella realtà qualsiasi cosa che non sia presente nella guida, veicolo fondamentale di formazione dell’itinerario e che finisce per dare vita a un Turismo che ripercorre costantemente le stesse tappe, come in presenza di un filo rosso invisibile che lega tra loro i visitatori come marionette sullo scenario urbano.
BIBLIOGRAFIA
- Aime M., Papotti D., 2012, L’altro e l’altrove, Antropologia, geografia e turismo, Einaudi, Torino
- Amendola , 1997, La città postmoderna, Laterza, Roma – Bari
- Ghirri L. (a cura di), 1984, Viaggio in Italia, Il Quadrante, Alessandria
- Graburn N., 1978, Ethnic and Tourism Arts, University of California press
- Leone G., 2006, Manuale di sociologia del Turismo, Clueb editrice, Bologna
- Leotta N., 2005, Approcci visuali di turismo urbano. Il tempo del viaggio, il tempo dello sguardo, Hoepli, Milano
- MacCannell D., 1976, The Tourist, University of California press
- Martinotti G., 1997,Metropoli: la nuova morfologia sociale della cittá, ed. Il Mulino, Bologna
- Minca C., 1996, Spazi effimeri, ed. Cedam, Padova
- Piredda G., 2002, Mini (viaggio in) Italia, Quaderni di AFT, Prato
- Pirri S., Repertorio dei percorsi formativi universitari per il settore turismo, Ente bilaterale nazionale del turismo
- Richards G., 2010, Eventful Cities: Cultural Management and Urban Regeneration, Routledge, Londra
- Savelli A., 2011, I percorsi della sociologia del turismo in Italia, in Rivista di Scienze del Turismo, n°1, pag. 5-43
- Urry J., 1990, The Tourist Gaze, Sage Publications, U.S.A.